Mattia Alessio, genovese di 33 anni, ogni giorno dà consigli e spiega come prendersi cura di fornelli, bucato, spugnette e wc.
“I lavori domestici sono ancora troppo considerati cosa da donne. In Italia è radicatissima, questa cultura: mi piace l’idea di contribuire a cambiarla”
Cosa orienta, tra tanto traffico, le nostre attenzioni sui social?
Per quale motivo ci ritroviamo a passare sempre più tempo a seguire i contenuti di persone che neanche conosciamo, video tutorial degli ambiti più vari, sempre meno amici e piuttosto profili Instagram ad alta specializzazione? Una questione di algoritmo, ma non solo.

Chiedere per credere a Mattia Alessio, classe ’92, content creator da più di un milione di followers, commerciale di una palestra di Milano diventato fenomeno social postando e parlando esclusivamente di pulizie di casa, tecniche per stirare, consigli per il bucato e manutenzione di elettrodomestici.
«Gli esperti di settore parlano di un processo di “televisionizzazione” dei social, un cambio della fruizione dello strumento, – spiega lui – ma la cosa dice anche tutto di noi, che ci innamoriamo di chi ci risolve problemi, possibilmente con gentilezza».

È anche così, del resto, che si spiega il boom di “La casa di Mattia”, la pagina che con fatturazione e esposizione da influencer gli ha permesso di fare di una passione nata da piccolissimo un impero social.
«Ogni giorno un video o un post su un consiglio per la cura della pulizia delle nostre case», è la sintesi dello stesso ideatore del progetto, che racconta però anche tutto quello che può girare intorno a un’impresa del genere.
Gioie, dolori, soldi (tanti), insulti, haters, pure la consapevolezza che «tutto può finire da un momento all’altro, e oltre al virtuale nella vita serve il reale».

Genovese di Sestri Ponente, 33 anni, studi in economia, influencer del pulito. Come ci è finito, a fare questo mestiere, se questa è la sua parabola di vita?
«Non è un caso, viene tutto da molto lontano. Quando ero molto piccolo mia mamma mi lasciava a casa dei nonni per poter andare a lavorare, e mi mettevano davanti alla lavatrice in funzione per farmi stare buono.
Una volta un po’ più cresciuto mi è rimasta la curiosità, e ho iniziato a smontare e rimontare filtri e manopole, poi via via a studiare da autodidatta il funzionamento degli elettrodomestici, le componenti chimiche di lavaggi e detergenti, le evoluzioni della tecnica del settore.
E ovviamente fare tanti, tanti bucati».
In casa, insomma, il bucato era, è roba sua.
«In casa e non solo, già da giovanissimo mi affidavano il lavaggio di piumoni e capi sensibili da tutta la famiglia, parenti e amici. Da ragazzino ci ho fatto pure i primi soldini».
Un tempo ci avrebbe aperto una lavanderia, oggi basta Instagram. Da lì a diventare fenomeno social, cosa è passato?
«I miei amici mi hanno convinto ad aprire un canale YouTube, ho pubblicato un primo video tutorial sul lavaggio di un piumone e le visualizzazioni sono esplose.
Centinaia di migliaia al giorno. Ho iniziato a pubblicare sempre più frequentemente, poi a monetizzare, poi a guadagnare più dalle visualizzazioni che dal mio lavoro in palestra, e così mi sono licenziato, ho aperto la partita Iva e a fare il content creator di professione. Sono sbarcato su Instragram ed è arrivata l’ondata».
Come si spiega il suo successo?
«All’inizio con il carattere inedito della cosa: un uomo che dà consigli sulla pulizia, una curiosità sia per le casalinghe, sia per chi passava per caso dalla pagina».
E poi?
«Poi ho capito che le persone mi seguono perché rispetto ad altri spiego le cose diversamente, con semplicità, competenza, rapidità.
Non parlo né posto di me, della mia vita privata, non ho voluto fare il personaggio né far entrare nessuno nel mio intimo: insegno solo a usare i prodotti nel modo più adeguato, far rendere il nostro tempo in casa con contenuti specifici comunicati in modo espansivo. Tutto lì»
E chi la segue, per questo motivo e questo spirito?
«Tutti. Casalinghe, casalinghi, studenti fuori sede, professionisti, aziende, persone comuni, mariti, mogli. Persone con cui il mio hobby di fatto è diventato un viaggio collettivo. È bello».
I consigli più richiesti?
«Quelli su detersivi e tempi e modi di pulizia. Come eliminare i cattivi odori dalla lavatrice? Oppure, dove mettere detersivo e additivo?
Come trattare le macchie di sudore sui capi più delicati? Io nasco autodidatta, ma studio tantissimo su tutto».
I consigli più seguiti?
«Per quanto si possa essere puliti, in casa ci saranno sempre queste cinque cose che sono molto sensibili da quel punto di vista.
Vanno infatti pulite o cambiate spesso le spugne e i panni si possono benissimo lavare e igienizzare, lo scopino e lo scarico della doccia, le testine dello spazzolino».
E come si guadagna, facendo questo mestiere?
«Molto bene. Ben oltre la media di un ottimo stipendio, anche se ci sono i margini per guadagnare molto di più.
Su YouTube fanno la differenza le visualizzazioni. TikTok pagava bene, ora non più. Ma principalmente fruttano le collaborazioni con le aziende e gli accordi commerciali, che funzionano molto meglio che in tv, dove targettizzare il pubblico è molto più difficile».
Facendo pubblicità, insomma. Rimane credibile, il post, se è sponsorizzato?
«Io sono brand ambassador per molti dei marchi più importanti del settore, che scelgo con grande cura.
Sponsorizzo solo i prodotti che sono sicuro di poter consigliare, ne va della mia credibilità e del mio posizionamento. Anche io ho gli hater da cui difendermi, del resto».
Persino lei.
«Non tantissimi e riesco a gestirli, ma ci sono. C’è chi mi contesta alcune soluzioni di pulizia, altri talvolta mi mettono in competizione con altri che fanno cose simili alle mie. Ma per lo più sono prese in giro, giudizi facili, critiche gratuite, tanto per farle».
Ad esempio?
«Qualche giorno fa mi ha colpito il commento di un ragazzo, che sotto il video in cui spiegavo come stirare i lenzuoli con gli angoli mi ha scritto: “Che vita triste”.
Gli ho risposto invitandolo a passare una giornata insieme, per verificare con me se la mia vita sia così triste come pensa.
Parlo di lavatrici, non di massimi sistemi. Eppure, la società è quella che è».
Qual è lo stato di salute dei social, visto da chi ci lavora?
«Io i social li uso per interagire con la mia community, leggere e moderare commenti e messaggi, poco altro.
Mi sembra un mondo in evoluzione. Ci sono sempre gli influencer, che permettono alle persone di vivere con leggerezza la vita di altri, pur con racconti talvolta un po’ “drogati”.
Ci sono i content creator come me, che di base creano contenuti utili a catturare l’attenzione per necessità degli utenti, non altro.
C’è tanto di tutto il resto. Non è un luogo sano al cento per cento, ma quello si sa, e davanti a fake news, distorsioni, odio, abusi e pericoli diventa fondamentale usarli con selettività.
Sanno fare anche grandi cose, in fondo».
Ad esempio?
«Nel mio piccolo, mi piace l’idea di poter dare un minimo di contributo al cambiamento di una società dove i lavori domestici sono ancora troppo considerati cosa da donne.
In Italia è radicatissima, questa cultura. C’è un risvolto sociale, diciamo, anche in quello che faccio.
Spero anche in come lo faccio, con la serenità e i toni giusti per quello che dico.
I social possono creare infelicità e modelli sbagliati, anche nella notorietà vanno usati nel modo giusto».
Quanto pensa le abbia cambiato la vita, questa notorietà non prevista?
«Tanto, ma non nel modo in cui si può immaginare. Faccio un lavoro che non pensavo avrei mai fatto, ma ho le stesse abitudini, gli stessi amici, le stesse idee.
Sono spesso ospite di eventi e richiesto da più parti, ma non faccio parte dello star system. Appena posso torno a Genova a frequentare il solito giro».
Un antidoto alla fama da social network?
«So bene che tutto può finire dall’oggi al domani, basta poco. Ed è importante ricordarselo ogni giorno. Siamo legati a piattaforme di cui possiamo decidere ben poco».
E come pensa possa progredire, la carriera: cosa fanno da grandi, i content creator?
«Proprio per questo vivo l’impresa di anno in anno e nel frattempo ho comprato e sto ristrutturando una masseria in Puglia, nelle campagne di Ostuni, per diversificare il business e tentare eventuali futuri alternativi.
Avevo bisogno anche di reale, oltre che di virtuale. Sarà una struttura ricettiva da sei camere e piscina, e una grande lavanderia tra gli ambienti più importanti tra tutti.
Non so ancora se chiamarla “La casa di Mattia”, ma so che avrà le lenzuola più pulite».